Alzi la mano chi non ha mai preso una pizza d’asporto! E qualcuno, rientrando a casa con il cartone caldo in mano, si sarà forse chiesto come sia fatto. Chissà mai che non sia tossico? La domanda è legittima, visto che ogni tanto c’è un allarme. L’ultimo lo lanciò nel 2019 la rivista il Salvagente, denunciando la presenza di bisfenolo A nei cartoni per il trasporto della pizza. Ma già nel 2007 l’università di Milano aveva rilevato il contenuto di ftalati nell’80% dei campioni esaminati. Non è una questione irrisoria: la pizza da asporto è diffusissima e le sostanze citate spesso sono dei pericolosi interferenti endocrini, capaci di alterare l’equilibrio ormonale, con effetti negativi su crescita, sviluppo, riproduzione e comportamento.
No al riciclo – 2/6
“Il problema dei contenitori per la pizza riguarda il packaging primario, cioè quei materiali a diretto contatto con gli alimenti”, spiega Luciano Atzori, biologo esperto di igiene e sicurezza alimentare. “Per legge, il cartone per la pizza deve essere interamente di cellulosa vergine. Il cartone da imballo riciclato, con determinati requisiti, è accettato solo per gli alimenti secchi e solidi, come il sale, perché in questo caso è molto difficile che ci sia migrazione di sostanze chimiche”. Nella cellulosa riciclata ci possono essere residui di adesivi e inchiostri che rilasciano sostanze chimiche tossiche come gli interferenti endocrini. Perciò il legislatore italiano impone il più costoso cartone vergine – in alcuni paesi europei è concesso il cartone riciclato, ma non a contatto con il cibo.
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