Birra “cruda”: un nuovo trend

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Bionda, rossa, mora, artigianale o industriale, la birra è apprezzata in tutte le sue varianti da un vasto pubblico di intenditori.

E’ considerata una delle bevande più antiche del mondo. La sua storia affascinante accompagna l’uomo da oltre 5 millenni e la sua produzione, nonostante si basi su processi chimici naturali, è stata perfezionata dalla conoscenza, dall’esperienza e dalle moderne tecnologie, al fine di esaltare le proprietà organolettiche di questo prezioso “nettare”.

Prima di trattare le caratteristiche della birra “cruda”, è necessario spiegarne il processo di produzione.

PREPARAZIONE
Per produrre la birra sono necessari quattro ingredienti: acqua, orzo, luppolo e lievito.

Tutto ha inizio scegliendo la qualità migliore di orzo, cereale da cui dipende una considerevole parte dell’alimentazione mondiale. I chicchi d’orzo vengono immersi in acqua e lasciati alcuni giorni a germinare, si ottiene così il malto. Successivamente il malto viene tostato in appositi forni, per un periodo di tempo variabile, assumendo una gradazione cromatica che varia dal biondo al bruno-biscottato e un sapore gradevole. Tali caratteristiche influiranno sul sapore e sull’aspetto del prodotto finito.

Il malto d’orzo viene macinato ottenendo una farina che viene miscelata con acqua calda in un’apposita caldaia, trasformandosi in mosto, successivamente filtrato separando la parte liquida dalla componente solida. Durante la bollitura del mosto, avviene l’aggiunta del luppolo (pianta a fiore, appartenente alla famiglia delle Cannabaceae, considerata l’aroma fondamentale poiché conferisce, alla birra, il tipico sapore amaro tanto apprezzato).

Il mosto viene raffreddato per poi procedere alla fermentazione, processo distinto in due fasi:

  1. La fermentazione principale vede protagonista il lievito capace di trasformare gli zuccheri in alcol e anidride carbonica. Questa fase guidata dall’azione del lievito è fondamentale per la produzione della birra. In particolar modo la specie Saccaromyces Cerevisiae, il comune “lievito di birra” usato anche per la panificazione, è considerato un lievito ad alta fermentazione poiché predilige temperature comprese tra i 16 e i 23°C, risalendo in superficie al termine del processo a differenza della specie Saccaromyces Carlsbergensis che predilige basse temperature (6 – 8°C) favorendo una bassa fermentazione, depositandosi sul fondo del fermentatore al termine del processo.
  2. La fermentazione secondaria permette di armonizzare gli ingredienti, lasciando la birra per 4 settimane circa in grosse vasche di maturazione a una temperatura compresa tra 0 e 2°C.

La produzione industriale prevede anche due ulteriori fasi, al fine di garantire un’ottima conservazione e il mantenimento delle caratteristiche igieniche:

  1. La pastorizzazione avviene riscaldando la birra ad una temperatura di 60°C per 20 minuti. Tale processo svolge un’azione di bonifica favorendo l’eliminazione di microrganismi potenzialmente nocivi e conferendo sapori e profumi omogenei. La pastorizzazione causa al contempo la denaturazione degli elementi nutritivi della birra.
  2. La filtrazione, o meglio la microfiltrazione, mediante centrifughe o filtri a cartoni, in cui vengono eliminati eventuali residui conferendo un aspetto limpido ed un sapore più intenso che ne esalta le caratteristiche organolettiche.

Il procedimento descritto può subire variazioni o integrazioni riguardanti le tecniche di produzione e l’utilizzo del cereale in sostituzione all’orzo, come il frumento, il mais o il riso.

NUOVA TENDENZA
Recentemente è sempre più frequente il termine “cruda” in riferimento ad una tipologia di birra resa nota da sempre più brand del settore. Ciò determina una nuova tendenza in seguito a spot pubblicitari che mettono in risalto una caratteristica relativa alla produzione.

A tal proposito è spontaneo chiedersi se si tratti di una birra di nuova generazione o una strategia di marketing.

Il termine “cruda”, fa riferimento ad una birra che non subisce pastorizzazione, viene anche detta birra “viva” poiché i lieviti non subiscono un’alterazione dovuta alle elevate temperature.

Generalmente, la birra “cruda” è anche una birra integrale, cioè non microfiltrata. La torbidità, dovuta ai lieviti e alle sostanze in sospensione, sembra andare in contrasto con le abitudini del consumatore medio abituato al consumo di birre industriali dall’aspetto sempre più limpido.

La birra “cruda” è quasi sempre prodotta artigianalmente, in micro-impianti privi di strumentazioni sofisticate, allo scopo di non standardizzare il prodotto finale, infatti, secondo quanto stabilito dall’art. 35 del Ddl S 1328-B, “si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione”.

In virtù di quanto esposto è possibile affermare che non si tratta di un prodotto di nuova generazione, poiché la birra “cruda” è molto antica, dato che la pastorizzazione, il cui nome deriva dal chimico francese Louis Pasteur, fu scoperta solo nel 1862.

La pastorizzazione è un trattamento termico allo scopo di rendere l’alimento stabile e adatto alla conservazione. E’ una tecnica utilizzata (in vari alimenti come il latte, il vino, i succhi di frutta e la maionese) dalle industrie alimentari per ridurre la carica microbica e favorirne la conservabilità, ciò rende più facile il trasporto degli alimenti sulle lunghe distanze e ne prolunga la shelf-life.

E’ possibile acquistare anche birre industriali non pastorizzate, tale condizione, tanto sponsorizzata attualmente, rappresenta un’eccezione al panorama generale.

Entrambe le tipologie di birra, artigianale e industriale, rispettano i requisiti di sicurezza alimentare, quindi, la scelta del prodotto dipende dal gusto del consumatore sempre più esposto all’influenza di mode e tendenze.

PROPRIETÀ NUTRITIVE
Con soli 43 Kcal/g. 100 di prodotto, la birra è una bevanda ipocalorica. Contiene Vitamina B6 o piridossina in grado di controllare la concentrazione di omocisteina (amminoacido correlato ad un maggior rischio di patologie cardiovascolari), polifenoli (la cui azione antiossidante contrasta la formazione dei radicali liberi), potassio, magnesio e sali minerali. Inoltre, la presenza del luppolo conferisce proprietà sedative, digestive e rigenerative della pelle e dei capelli.

Oltre alle proprietà elencate, la birra “cruda” è ricca di microrganismi fermentanti come i saccaromiceti, utili all’organismo in quanto favoriscono il ripristino del microbiota, il mantenimento dell’apparato tegumentario e degli annessi cutanei, la regolazione del metabolismo e il potenziamento del sistema immunitario. Nonostante la birra abbia rilevanti proprietà benefiche, tanto da poter essere considerata un alimento, è opportuno un consumo moderato dovuto al suo contenuto alcolico.

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© Produzione riservata

Dr.ssa Francesca Bucolo
Biologa – Consulente aziendale igienico-sanitario
Esperta in igiene e sicurezza degli alimenti
Divulgatore scientifico